mercoledì 6 giugno 2012
Proteste a suon di campane e violini
Pubblicato su Messina 7, 1 giugno 2012
Quando si parla dei messinesi si ama dire che questo sia un popolo di lamentosi, un popolo che vive passivamente di parole, che ama le parole, quelle che si pronunciano davanti ad una bella granita, seduti, sistemati, tranquilli, un popolo capace di tirar fuori la voce solo quando la propria squadra del cuore conquista il campionato, e poi basta, la sedia è sempre troppo comoda per alzarsi.
Eppure negli ultimi giorni i più hanno dovuto ricredersi.
C’è stato da urlare e Messina ha dimostrato di possedere una voce fortissima, c’è stato da scendere in piazza e Messina ha dimostrato che ha delle gambe per farlo, c’è stato da salire sul campanile del Duomo e Messina ha dimostrato di avere fiato per fare anche questo.
Dai tagli della Regione per il Teatro Vittorio Emanuele alla continua presa in giro delle Fs nei confronti degli 85 ex lavoratori della Servirail, la città ha mostrato un volto diverso, consapevole, unito.
Ma purtroppo, per quanta sia la passione messa in campo, non tutte le battaglie hanno buon esito. Talvolta il nemico è troppo forte, o troppo astuto, o semplicemente non rispetta le regole, e vince.
“Sono qui insieme con i colleghi consiglieri di amministrazione dell'Ente Autonomo Regionale Teatro di Messina, e con il sovrintendente, per chiarire in modo ufficiale quali sono le decisioni dell'Ente, prese oggi all'unanimità, dopo i tagli al finanziamento regionale. Purtroppo siamo stati costretti a deliberare la sospensione di tutte le attività della stagione di musica e di quella di prosa da oggi (escluse ovviamente le repliche de «La Rondine») fino al prossimo 31 dicembre”.
Le parole, pesanti come un macigno, sono riecheggiate lunedì 28 maggio dal palco del Vittorio Emanuele mentre andava in scena la Rondine di Puccini.
Lei, la vicepresidente dell'Ente Teatro Daniela Faranda, probabilmente, quelle parole non le avrebbe mai volute pronunciare.
Eppure gli ultimi tagli effettuati dalla Regione Sicilia non hanno lasciato scampo a nessuno, neanche ad uno degli ultimi baluardi della cultura messinese.
“La decurtazione del finanziamento regionale di oltre il 20% a fronte del 5% previsto, non lascia altra possibilità”.
Ed a nulla sembrano esser servite le proteste, le manifestazioni, quei cartelloni “un teatro che vive dal ’93 con lo stesso contributo, nonostante ciò, sempre produttivo, mai passivo” affissi sulla facciata mentre più in basso l’orchestra suonava la sua indignazione.
Indignazione a cui, come sempre, si è aggiunto anche lo schiaffo morale targato Sicilia.
Tra una dichiarazione di dimissioni, una partecipazione all’Infedele ed un’ammissione per un futuro da agricoltore, infatti, il Presidente Raffaele Lombardo ha avuto anche il tempo di denigrare ancor più la nostra città, dichiarando di voler “affrontare personalmente” le conseguenze di questi tagli regionali. Sì, ma non per Messina. L’unico Teatro che sembra stare a cuore al Presidente è solo quello di Catania.
“Naturalmente saremmo felici di poter rivedere questa decisione nel caso che un assestamento del bilancio regionale assegni al Teatro di Messina un ulteriore finanziamento” ha dichiarato la Faranda durante il suo lungo intervento, sottolineando che, in questo senso, si auspica “anche la sottoscrizione di una petizione, rivolta alla Regione Siciliana, avviata su iniziativa di un gruppo di cittadini”.
Una firma, più col cuore che con la penna, che ricordi ad ognuno di noi che perdere una battaglia non significa perdere la guerra.
E sempre di battaglie si parla quando si volge lo sguardo sull’altro fronte caldo della città, quello alloggiato da mesi sui binari della stazione, quello di 85 persone rimaste senza lavoro dopo la decisione dei signori di Fs di eliminare in tronco i lavoratori della Servirail.
Anche lì, schiaffi morali da ogni parte e manifestazioni che sembrano destare movimento solo in loco, mentre ai piani alti tutto tace.
Ed anche loro, per una volta, sono voluti salire ai piani alti urlando, dal campanile del Duomo, tutta la loro disperazione. E forse, per un momento, hanno creduto davvero di esser riusciti a vincerla, questa guerra.
Un momento, appunto, e poi l’ennesima tragica sentenza dei sindacati: “L’ultima offerta di Fs è stata quella di allungare un treno da Roma a Milano ed assorbire solo 25 dei lavoratori, mentre gli altri sarebbero stati dirottati come personale pulitore viaggiante. Per noi è una proposta inaccettabile”.
Battaglie perse, si diceva. Ma non guerre. Per quelle abbiamo ancora il tempo di alzarci tutti dalle comode sedie, abbandonare bar, lamentele, granite e mezzi freddi, e scendere in campo a riprenderci la nostra dignità.
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