Pubblicato su Messina7, il 19 Ottobre 2012
Una partita combattuta, un duello all’ultima ‘stramba mania’ quello che i miei giovani occhi continuano a vedere e descrivere durante i mesi di permanenza nella Capitale degli States.
Abbiamo parlato di musei, trasporti, taxi, cibi, alimentazione e, devo ammettere, è stato difficile assegnare punti ora all’una ora all’altra squadra.
Ma la partita non è finita, per cui continuiamo a parlare di spaccati di vita vari ed eventuali.
Un argomento che, per necessità, ho avuto modo di approfondire nelle ultime settimane riguarda le lavatrici o, come vengono chiamate in loco, le famigerate washing-machine.
In Italia la questione è semplicissima: ognuno di noi possiede una lavatrice in casa, comoda, elementare, di facile utilizzo e comprensione.
Anche per i non addetti ai lavori risulta piuttosto agevole utilizzarne una, tranne che per i vestiti o gli abiti più delicati per i quali è preferibile rivolgersi a negozi specializzati (ma anche lì, con cautela, perchè le fregature sono sempre dietro l’angolo).
In America, invece, è tutta un’altra faccenda: la presenza o meno della washing-machine nell’abitazione è direttamente proporzionale al prestigio della casa e, di conseguenza, al livello di ricchezza del proprietario.
Tutto il resto del mondo (tra cui rientro perfettamente io) si divide in due categorie: vi sono coloro che hanno la fortuna di avere, comunque, una lavatrice nello scantinato del blocco residenziale (a pagamento ed utilizzata da tutti) e vi sono coloro che, sfortunati nell’animo, non posseggono alcuna lavatrice e l’unico modo che hanno di ritrovarsi ad indossare vestiti puliti e profumati rimane quello di rivolgersi alle laundry.
Innanzitutto parlare di sola ed unica ‘lavatrice’ non è corretto. Gli amati stendi biancheria che in Italia vanno tanto di moda, soprattutto nelle giornate di vento (i messinesi ricorderanno il caldo scirocco estivo) qui non esistono.
In compenso, ogni washing-machine ha sempre al proprio fianco, inseparabile, la sua dryer-machine (ossia l’asciugatrice).
Ecco quello che tocca fare per avere un abbigliamento all’ultimo profumo: raccogliere il bucato, portarlo nello scantinato, pregare affinché la lavatrice non sia occupata, inserire il bucato, inserire le monetine, impostare i dettagli e premere ‘Start’.
Finiti i circa 40-45 minuti di lavaggio, l’operazione ‘bucato’ continua il suo iter: scendere nuovamente nello scantinato, assicurarsi che nessuno abbia sottratto gli indumenti, pregare affinché l’asciugatrice sia libera, inserire il bucato, inserire le monetine, impostare i dettagli e premere ‘Start’.
Anche qui l’attesa varia dai 40-45 minuti, dopodiché si prosegue: scendere nello scantinato per la terza volta (meglio di una seduta forzata di spinbike, i quadricipiti vi ringrazieranno), aprire l’asciugatrice, assicurarsi nuovamente che nessuno abbia sottratto gli indumenti, ritirare il tutto e portarlo nell’appartamento. Ed una volta chiusa la porta, nell’intimità della propria stanza, sentirsi invadere dal momento di panico: avrò messo bene le impostazioni?
No, ovviamente no. Non capiterà MAI che voi mettiate bene le impostazioni.
Rassegnatevi: per quanta attenzione possiate fare, gli scenari che vi si presenteranno saranno sempre e comunque questi:
a) i vestiti sono ristretti. Soluzioni? Dimagrire, tornare bambini, regalare a bambini o lanciare la moda del super mini.
b) i bianchi diventano multi color. Soluzioni? Fare finta che siano sempre stati di quel colore o spargere la voce di un recente e fantastico shopping nel negozio più lussuoso della città.
c) le macchie non se ne vanno o l’asciugatrice non asciuga. Questo capita quando non dosate bene il bucato e ne introducete troppo. Nota bene: non domandatevi quale sia la quantità ideale perché essa segue la logica del terno al lotto e, come sopra, non capiterà MAI che voi troviate quella giusta. Soluzioni? Rifare tutto da capo o piangere sul detersivo versato (personalmente ho sempre optato per la seconda scelta).
Morale: due mesi di washing/dryer machine vi porteranno a riflettere sull’importanza e sulla bellezza delle nostre sgangherate mollette.
Italia segna ancora, e stavolta a porta vuota.
Paziale: Italia 6 - Washington 3.
[To be continued…]
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