domenica 27 gennaio 2013

Speciale Elezioni Messina: Accorinti corre per Sindaco



Pacifista, lottatore, idealista. Difficile non notarlo in una città di macchine e caos. Lui, che da 30 anni gira con una bici ed una maglietta con scritto “NO PONTE”. Lui, che da 30 anni urla le sue battaglie per un mondo migliore. Lui, Renato Accorinti, che sabato scorso ha presentato ufficialmente la sua candidatura a Sindaco della città.
Messina è sempre stata abituata a sentire dar voce, forte e chiara, ai suoi ideali, alle sue lotte, ai suoi valori. Parole, le sue, sempre in favore dei bambini, dei più disagiati, dei sofferenti.

Ha sempre urlato, Accorinti.

Eppure, quel sabato mattina, di fronte ad una Sala delle Bandiere stracolma di gente e sostenitori, quell’instancabile uomo con la maglia NO PONTE si è emozionato.

Le parole fermamente bloccate sulla punta della lingua, quasi una lacrima e silenzio. Ma non quel silenzio imbarazzante di chi non sa cosa rispondere ad una domanda troppo difficile. Era il silenzio di chi ha sempre detto tanto, instancabilmente, e di chi, per un momento, ha realizzato che quella mattina una città intera era ferma ad ascoltare.

“Respira, respira”, una voce dal pubblico. “Forza Sindaco”, l’eco di un’altra.

E poi l’esplosione.

“Questa non è una cosa per me, ma per noi – esordiva – e vi dico la verità, io ho difficoltà in questo ruolo, perché non mi sento capace. Solo se c’è un senso di unione e collettività, riesco a lottare, riusciremo a lottare. Il mettersi assieme è la vera forza. Abbiamo aperto una nuova strada e dobbiamo, insieme, continuare a percorrerla”.

Un fiume in piena, come è sempre stato. Nel suo comizio c’era tutto: dal ricordo dei tempi bui del fascismo all’ironia su una mamma che bonariamente gli fa notare: “Ma a tia cu tu fa fari?”, dai bambini “vero futuro della città” alle “risposte precise, date da gente competente” che questa Messina esige ormai da tempo immemore, da San Francesco alle lezioni su delega e democrazia.

Tutta la platea rideva, applaudiva e confermava con cenni del capo.

E’ stato strano vedere così tanta gente, di ogni sorta e genere, in quella Sala istituzionale per eccellenza. Avevano tutti la stessa espressione di rancore da un lato e di fiducia dall’altro, quasi stessero tutti in bilico tra la speranza e l’illusione. A dire il vero, sembrava che in loro, quella mattina, prevalesse la speranza.

“Il Sindaco non è colui che risolve tutti i problemi. Quello è Silvio, chiaramente! Il singolo, da solo, non è nessuno. O c’è il noi, l’insieme, o non si fa nulla”, ribadiva senza sosta. “E ricordate bene: il Sindaco semplicemente rappresenta. Se io dovessi fare qualcosa che non va, voi avete il dovere di prendermi e buttarmi fuori, immediatamente!”.

“Avessimo fatto così con tutti i precedenti”, udivo sogghignare dalla fila dietro di me.

Ma Accorinti, lontano, non poteva sentire, e continuava: “Noi guarderemo le cose con gli occhi dei bambini. Se la società non investisse, in modo serio e chiaro, nei bambini, nei ragazzi, negli adolescenti, sarebbe tutto rovinato. Questa città, in 50 anni, non ha costruito nulla per loro”.

Soldi ve ne sono pochi, si sa, ecco perché la formula migliore sembrò essere quella delle “idee a costo zero”.

“Tantissime famiglie povere, nel passato, sono riuscite a vivere anche con dieci o quindici figli. Ma come facevano? Creavano dal nulla. Qui vi sono risorse infinite, e con quello che c’è in questa stanza si cambia una città in tutti i sensi”.

Poi il discorso si focalizzò sulla cultura perché, come disse qualcuno, di “cultura si mangia”.

Populismo? Illusione? Demagogia? Che di “cultura si mangia” è vero, ma senza soldi non si compra neanche un tozzo di pane.

“Bisogna fare progetti per le persone che sono state escluse completamente dalla società. L’uguaglianza a partire dagli ultimi” fu una delle condizioni primarie di quell’insolito candidato a Sindaco.

E gli altri? “Chi già sta bene… sono contento per loro. Ribadisco: noi dobbiamo partire dagli ultimi”.

Poi le parole passarono velocemente in rassegna alcuni nodi critici della nostra Messina. “L’Atm è in deficit e poi, con le navi, la ricchezza va solo a qualcuno. Io non ce l’ho con quel qualcuno, ma loro non possono lavorare facendo danno alla collettività”.

Proposta? “Una flotta comunale”.

Altro punto: digitalizzazione e trasparenza. “Deve andare tutto online, anche le fatture. Tutti devono sapere che fine fanno i loro soldi e come vengono spesi. Con i soldi della collettività bisogna essere seri. Bisogna stare insieme e lottare. A Barcellona ce l’hanno fatta, lì, nel Regno di Nania”.

Di nuovo, il sentimento dell’unione.

“Pigliati un po’ d’acqua Renato!”, suggeriva il signore dietro di me.

Renato, invece, prese in mano uno strumento musicale: “Questa è la campana tibetana, manda vibrazioni, e voglio che voi, qui insieme, sentiate il suo suono”.

Un tin prolungato……

e poi la chiusa. Accorinti aveva scelto Giorgio Gaber (chapeau) per la battuta finale: “L’utopia serve a camminare. Io voglio essere concreto come un sognatore”.

Comizio o lezione di vita? Sentimento popolare e parole belle? Progetti reali per una città in default? Meglio un libro o un piatto di pasta?

Difficile collocare un’ora e mezza di parole in un filone ben preciso. Più facile affermare che è stata, di certo, una presentazione fuori dalle righe.

E forse era questo l’obiettivo. Servirà?

Lo scopriremo solo vivendo e, come sempre, ai posteri l’ardua sentenza.

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