Nel corso degli anni Messina ha avuto molti abiti da indossare, talvolta logori come quello dell'Atm, talvolta malandati come quello della Servirail, talvolta strappati e ricuciti come quello dello Stadio San Filippo, eppure quando Messina decide di indossare le vesti di dama bianca della cultura, diviene, senza dubbio, la Messina più bella.
In una full immersion di tre giorni, dal 13 al 15 aprile, il grande edificio che sorge sul Viale Boccetta ha ospitato la Seconda Edizione del Salone del Libro di Messina, organizzata dall'associazione Salimi.
A tagliare il nastro inaugurativo è stato il professor Antonio Zichichi, grande scienziato, fisico stratega e uomo d'altri tempi, che ha esordito affrontando uno dei temi più delicati del nostro XXI secolo: il rapporto tra Fede e Scienza. "Papa Giovanni Paolo II è stato il primo a comprendere che fede e scienza sono entrambi doni di Dio perchè fede e scienza non sono nemiche. La scienza nasce a casa nostra come atto di fede in colui che ha creato il mondo".
Sono stati davvero tre giorni di vita, quella vita che solo i libri sanno regalare. Tre giorni in cui, tra stand, presentazioni, convegni e conferenze, la città ha potuto incontrare, tra i molti, anche personaggi di spicco nazionale impegnati da sempre nella lotta civile alla mafia. Il giornalista Gianluigi Nuzzi, il magistrato Antonio Ingroia ed il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso sono stati, come si suol dire, quella ciliegina sulla torta che rende sempre tutto più gustoso.
"L'ambizione di questa nostra iniziativa è quella di far diventare il Salone il più rappresentativo dell'Italia meridionale. Certo, è un progetto ambizioso, ma noi ci proviamo comunaue". A parlare è Raffaele Lindia, organizzatore dell'evento che, insieme a Matilde Cannavò, ha dedicato anima e corpo alla buon riuscita di questo sequel. "Rispetto all'edizione dell'anno scorso - ha fatto notare - quest'anno abbiamo potuto contare sulla partecipazione dell'Università di Messina. L'unica piccola pecca, se così vogliamo chiamarla, è stata l'assenza delle grandi Case Editrici nazionali che hanno declinato la nostra offerta a partecipare".
Discriminazioni o mancanza di appeal? Questo non è dato saperlo e, forse, neanche importa. Appoggio nazionale o meno, infatti, l'evento è comunque risultato un successo. Sia solo per l'aver riscoperto che Messina, dama bianca della cultura, possiede ancora il suo fascino ammaliante.
Ma quella libraria del Palacultura Antonello non è stata l'unica brezza culturale che la città ha potuto assaporare in questi ultimi giorni.
Anche per questo 2012, infatti, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha organizzato l’italianissima "Settimana della Cultura", sette giorni in cui ville, musei, biblioteche, gallerie, aree archeologiche e mostre varie sono rimaste aperte e gratuitamente fruibili su tutto il territorio italiano.
Ed aderendo con entusiasmo, anche Messina ha concesso il suo contributo inaugurando, presso la prestigiosa Villa Cianciafara (situata nel Villaggio Zafferia) la propria peculiare "Settimana della Cultura".
Indiscussa figura-chiave della manifestazione, quella di Giuseppe Mallandrino, ingegnere della nostra città nonchè fulcro della ricostruzione post terremoto 1908 e post guerra.
Giusto per rievocare qualche dettaglio storico, è a Mallandrino che noi messinesi dobbiamo l’edificazione di Villa Florio a Pace, della Palazzina Carrozza in Piazza Unità d'Italia, della Chiesa di S. Maria di Portosalvo, del Pio Ospizio Collereale, e di tantissimi altri palazzi che hanno contribuito a fare di questa provincia, una città monumentale.
E "Giuseppe Mallandrino, ingegnere, architetto, ispettore per le Belle Arti. Un impegno per de ricostruzioni: il dopo terremoto ed il dopo guerra", è stato anche il titolo della mostra attorno alla quale sono ruotati gli interventi, i convegni, i ricordi, i dibattiti, gli spettacoli e le esercitazioni che hanno animato Villa Cianciafara in queste ultime sette lunghe giornate.
“La cultura rende liberi” è un messaggio che vale sempre la pena di ricordare, e non solo in queste occasioni.
E’ un messaggio che Messina dovrebbe stampare su un cartellone, a caratteri cubitali, ed affiggere sul punto più visibile della città. Questa città che di storia, di radici, di passata vita intellettuale ne ha da vendere, ma che, troppo spesso, decide di lasciare quello splendido abito da dama bianca nell’ultimo cassetto dell’armadio. Sempre in attesa di tempi migliori. Ma nessuno si accorge che, durante questa attesa, polvere e microbi cercano di distruggere tutto il suo candore?
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