martedì 11 dicembre 2012

Rubrica "Washington VS Italia": Habemus Vincitore (II Parte)


E continuiamo il nostro excursus attraverso le abitudini e le strambe manie di Capitol City...

- Taglie xtralarge. (Italia +1)
La dannata tendenza americana ad ingigantire tutto, dopo tre mesi, diviene abitudine ed assuefazione.
Questa mattina sono entrata nella dispensa di casa mia, ho guardato la scatoletta di tonno ed ho chiesto a mia mamma come mai ne avesse comprata una di dimensioni così piccole. In realtà mia mamma ha sempre comprato solo scatolette di quelle dimensioni, da una vita.
Il problema era tutto mio. Assuefatta alle confezioni di latte da 1 gallone (circa 5 litri in un bidone di detersivo), succhi di frutta da 3 litri e bottiglie di coca-coca pari a piccoli buoi, non riuscivo più a capacitarmi delle cose a grandezza uomo.
Al momento anche le strade mi sembrano piccole, ma datemi due settimane e ritornerò velocemente alle vecchie abitudini. Dopotutto, small è meglio.

- Ambienti, caffè e caffetterie. (Italia +1. Washington +1)
Senza dare troppe spiegazioni, affermiamo subito che l’Italia acquista un punto per il caffè. E’ una vittoria, questa, che non ha bisogno di essere commentata. L’American Coffee, ricordiamo anche la traduzione nostrana ‘acqua lorda’, perde a tavolino senza neanche il diritto di sedersi.
Altro discorso, invece, per le caffetterie.
Esse rappresentano un luogo che, a Messina, è difficilmente riscontrabile nella realtà se non con un’accezione negativa. Mi spiego meglio con un esempio banale. Se ad un italiano, messinese per giunta, capitasse di entrare in un bar e notare un altro ragazzo/uomo al tavolino a bere caffè, da solo, con un ipad in mano o con dei libri, da solo, con dei quotidiani, da solo (sottolineo per dar meglio il senso di quello che sto per dire), la prima parola che gli verrebbe in mente sarebbe: Sfigato.
La realtà è questa: non avere una compagnia con cui spartire un buon Espresso, dalle nostre parti, è da sfigati all’ennesimo livello.
In America, au contraire, questo concetto non esiste: è assolutamente naturale entrare nello Starbucks di turno, ordinare il proprio caffelatte al caramello (rigorosamente gigante), sedere nella poltroncina, aprire il proprio pc e trascorrere l’intera giornata a contemplare il nulla.
Sembrerebbe assurdo ma non vi è neanche il pericolo di sentirsi da soli. E’ una cosa che fanno tutti: tanti sfigati che si ritrovano nello stesso posto e creano compagnia seppur nella loro solitudine… Qualche filosofo potrebbe addirittura incentrare una tesi di laurea su questo!

-Condizione del 30enne medio. (Washington +1)
Che in Italia la disoccupazione giovanile continui a crescere senza battute di arresto è un dato di fatto, oltre che un argomento quotidianamente riproposto da tutti i media nazionali. Sono sempre lì, tutti, a ricordare che i giovani non hanno lavoro e che i ‘dati Istat’ lo confermano. Come se non bastasse guardarsi tutte le mattine allo specchio e domandarsi: “E oggi che faccio?”.
Inutile nascondersi dietro un dito: il 30enne, dalle nostre bande, non ha mai avuto troppo successo. La cultura italiana del ‘vecchio’ saggio ha radici troppo profonde perché possano essere rimosse dal primo giovincello di turno.
In generale, egli è un disoccupato. In particolare, se mai avesse la fortuna di lavorare, lo farebbe nelle vesti dell’ultima ruota del carro (siamo tutti da premio Oscar) o, peggio, dello stagista volontario e mai pagato.
Tutt’altro discorso, invece, per l’american boy: non importa chi tu sia, negli States, se vali e sei in gamba, hai una possibilità.
E se dimostri di avere qualità, talento e merito, a 30 anni puoi facilmente ritrovarti ai piani alti di una qualsivoglia azienda, organizzazione internazionale o impresa. Il 30enne medio, a Washington, è quello che guadagna bei soldini e può permettersi di vivere agiatamente anche in una città costosa come la Capitale.
Le conosci nei locali, queste figure mitologiche, negli uffici, a Capitol Hill (perché probabilmente lavorano per una foundraising che ha sede proprio dentro il Campidoglio), ti mostrano il loro biglietto da visita e, 90 volte su 100, vi ritrovi scritto: Chief of…. (Capo di…)
Hanno solo 30 anni e sono già a comando di qualcosa.
In Italia, a 30 anni, possiamo solo comandare la macchinina elettrica… e non ci riesce neanche troppo bene.




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